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PREFAZIONE

ALLA PRIMA EDIZIONE

L’uso dei funghi come cibo data da antichissimo tempo. I Greci e i Romani, come rileviamo dalle opere di Ateneo, Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride, Plauto, Orazio, Ovidio, Celso, Apicio, Plinio ecc. consideravano i funghi come un alimento salubre e squisito; se ne servivano a preferenza come condimento delle loro vivande; ed Apicio, il più celebre gastronomo dell’Impero romano, nella sua opera De re culinaria dava i principali precetti sul modo con cui dovevano essere preparati.

La cognizione però che si aveva di questi esseri curiosi era soltanto empirica, e perciò non si sapeva sempre distinguere fra le specie buone e le dannose, per cui succedevano frequenti casi di avvelenamento, e la storia ne registra anche di celebri. Ippocrate ci narra l’avvelenamento per funghi della figlia di Pausania, il celebre spartano vincitore di Platea, Tacito e Svetonio commemorano la morte dell’imperatore Tiberio Claudio, causata da una pietanza di funghi, e Seneca quella di Enneo Sereno prefetto delle guardie dell’imperatore Nerone.

Cotesti dolorosi accidenti, che si moltiplicarono anche nei secoli posteriori, richiamarono l’attenzione dei naturalisti, i quali, specialmente nei due ultimi secoli, si die-

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