Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano II.djvu/77

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dell'impero romano cap. xii. 71

a me hanno offerto il titolo di Augusto. Ma io sottopongo alla vostra clemenza i miei diritti ed i meriti miei1.„ Quando fu letta dal Console questa rispettosa lettera, non poterono i Senatori nascondere il loro contento, che Probo condescendesse a domandare così umilmente uno scettro che già possedeva. Celebrarono essi con la più viva gratitudine le virtù, le imprese, e soprattutto la moderazione di lui. Fu immediatamente fatto un decreto, senza pure un voto contrario, per ratificare l’elezione degli eserciti d’Oriente e per conferire al lor capo tutti i diversi rami della Imperial Dignità, i nomi di Cesare e di Augusto, il titolo di Padre della Patria, il diritto di fare al Senato in un giorno tre diverse proposizioni2, l’uffizio di Pontefice Massimo, la potestà tribunizia e l’autorità proconsolare; formula d’investitura, che benchè sembrasse moltiplicare l’autorità dell’Imperatore, non faceva ch’esprimere la costituzione dell’antica Repubblica. Corrispose tutto il Regno di Probo alla sua bella aurora. Fu rilasciata al Senato la civile amministrazione dell’Impero. Il fido suo Generale sostenne l’onore dell’armi Romane, e spesso pose ai piedi di quell’assemblea corone d’oro e barbarici trofei, frutti delle sue numerose vittorie3. Pure, mentr’egli contentava

  1. Vopisco nella Stor. Aug. p. 237. La data della lettera è certamente erronea. In vece di Non. Februar. si può leggere Non. Augusti.
  2. Stor. Aug. p. 238. È cosa strana che il Senato trattasse Probo men favorevolmente di Marco Antonino. Avea quel Principe ricevuto, anche prima della morte di Pio, il Jus quintae relationis. Vedi Capitolin. nella Stor. Aug. p. 24.
  3. Vedi la rispettosa lettera di Probo al Senato dopo le sue vittorie Germaniche Stor. Aug. p. 239.