Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/267

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dell'impero romano cap. xxiii 263

e una folla di poeti, di retori, e di filosofi correva alla Corte Imperiale ad occupare i posti vacanti dei Vescovi che avean sedotto la credulità di Costanzo. Il suo successore stimava i vincoli dell’iniziazione molto più sacri di quelli della consanguineità, scelse i più favoriti fra’ savj, ch’eran profondamente periti nelle occulte scienze della magia e della divinazione; ed ogn’impostore, che pretendea di rivelare i segreti futuri, era sicuro di godere l’accesso agli onori ed alle ricchezze1. Fra’ filosofi, Massimo ottenne il grado più eminente nell’amicizia del suo reale discepolo, che ad esso comunicava con intera confidenza le sue azioni, i sentimenti ed i religiosi disegni che aveva nel tempo che restava sospesa la guerra civile2. Tosto che Giuliano ebbe preso possesso del palazzo di Costantinopoli, mandò un onorevole e pressante invito a Massimo, che in quel tempo dimorava a Sardi nella Lidia con Crisantio, suo compagno nell’arte e negli studi. Il prudente e superstizioso Crisantio ricusò d’intraprendere un viaggio che appariva, secondo le regole della divinazione, in un aspetto il più minaccioso e maligno; ma il compagno, ch’era d’un fanatismo di tempra più ardita, persistè nelle interrogazioni fintanto che non ebbe estorto dagli Dei un apparente consenso a’ suoi desiderj ed a quelli dell’Imperatore. Il viaggio di Massimo per le città dell’Asia spiegava il trionfo della

  1. Ammiano (XXII. 12) espone elegantemente la curiosità e credulità dell’Imperatore, che approvava ogni specie di divinazione.
  2. Giuliano Epist. 38. Sono indirizzate al filosofo Massimo le altre tre lettere 15, 16 e 39 col medesimo stile d’amicizia e di confidenza.