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318 storia della decadenza

Gallo, di lui fratello1. Le rimostranze del Senato municipale non servirono che ad inasprire l’inflessibil suo spirito. Egli era persuaso, forse a diritto, che i Senatori stessi d’Antiochia, i quali possedevano dei terreni, ed erano interessati nel commercio, avessero contribuito alle calamità del lor paese; ed attribuiva l’irriverente ardire, che usavano, ad un sentimento non già di pubblico dovere, ma di privato vantaggio. Tutto quel Corpo, composto di dugento de’ più nobili e ricchi cittadini, fu mandato sotto custodia dal palazzo in prigione; e sebbene, avanti che finisse la sera, fosse loro accordato di tornare alle respettive loro case2, l’Imperatore non potè da essi ottenere il perdono, ch’egli aveva loro sì facilmente concesso. I medesimi pesi erano continuamente il soggetto delle medesime querele, che si facevano ad arte circolare dalla astuzia e leggerezza de’ Greci della Siria. Ne’ licenziosi giorni de’ Saturnali, risonavan le strade d’Antiochia di canzoni insolenti, che deridevan le leggi, la religione, la personal condotta e fino la barba dell’Imperatore; e la connivenza de’ Magistrati, non meno che l’applauso della moltitudine, manifestavan lo spirito d’Antiochia3. Il discepolo di Socrate fu troppo profonda-

  1. Numquam a proposito declinabat, Galli similis fratris, licet incruentus. Ammiano XXII. 14. L’ignoranza dei più illuminati Principi può ammettere qualche scusa; ma non possiamo esser soddisfatti della difesa propria di Giuliano (in Misopogon p. 368, 369) o dell’elaborata apologia di Libanio (Orat. parent. c. XCVII. p. 321).
  2. Libanio tocca gentilmente il loro breve e mite arresto (Orat. parent. c. XCVIII. p. 322. 323).
  3. Libanio (ad Antiochenos de Imperatoris ira c. 17, 18, 19. ap. Fabric. Biblioth. Graec. T. VII. p. 221-223) a