Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/357

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dell'impero romano cap. xxiv. 353

siani dalle mura di Ctesifonte miravano la desolazione dell’addiacente campagna, Giuliano spesso gettava un ansioso sguardo verso il Nord, aspettando che siccome aveva egli vittoriosamente penetrato fino alla capitale di Sapore, così la marcia e l’unione di Sebastiano e di Procopio, suoi luogotenenti, sarebbesi eseguita con ugual diligenza e coraggio. Restò delusa la sua aspettativa dal tradimento del Re di Armenia, che permise, e più probabilmente ordinò la diserzione delle ausiliarie sue truppe dal campo Romano1 e dalle dissensioni dei due Generali, che erano incapaci di formare o d’eseguire alcun disegno pel pubblico vantaggio. Quando ebbe l’Imperatore perduta la speranza di quest’importante rinforzo, condiscese a tenere un consiglio di guerra, ed approvò, dopo un lungo dibattimento, il parere di quei Generali, che dissuadevano l’assedio di Ctesifonte come un’impresa inutile e perniciosa. Non è facile per noi il concepire, per mezzo di quali arti di fortificazione una città, ch’era stata tre volte assediata e presa dai predecessori di Giuliano, si fosse potuta rendere inespugnabile a fronte di un esercito di sessantamila Romani sotto il comando d’un prode ed esperto Generale, ed abbondantemente forniti di navi, di provvisioni, di macchine per assedio e di arnesi militari. Ma possiamo assicurarci,

    e Gioviano futuro Imperatore, di alcune truppe di domestici, e, forse de’ Gioviani e degli Erculei, che spesso facevan l’uffizio di guardie.

  1. Mosè di Corene (Hist. Armen. l. III c. 15 p. 246.) ci somministra una tradizione del paese, ed una lettera spuria. Io non ho ammesso che la principal circostanza, la quale è coerente alla verità, alla verisimiglianza ed a Libanio (Orat. parent. c. 131 p. 355).