Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IX.djvu/251

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dell'impero romano cap xlviii. 245

sul corpo di lui atti d’una crudeltà brutale o studiata, sinchè alla fine due Italiani, mossi da pietà, o spinti da rabbia, gl’immersero le spade nel petto, e terminarono così il suo gastigo in questo Mondo. Durante un’agonia sì lunga e penosa, non disse che queste parole: „Signore, abbi pietà di me; perchè vuoi tu sfracellare una canna spezzata?„ In mezzo a que’ tormenti si dimentica il tiranno; l’uomo il più reo inspira allora pietà, nè si può biasimare la sua rassegnazione pusillanime, poichè un Greco soggetto al cristianesimo non era più il padrone della propria esistenza.

[A. D. 1185] Ho parlato a lungo del carattere e delle avventure straordinarie d’Andronico; ma troncherò qui la serie de’ principi, ch’ebbe l’Impero greco dal regno di Eraclio in poi. I rami usciti dello stipite de’ Comneni a poco a poco disparvero; e la linea maschile non continuò che nella posterità d’Andronico, la quale, in mezzo alla pubblica confusione, usurpò la sovranità di Trebisonda, così oscura nella storia, e tanto famosa nei romanzi. Un cittadino privato di Filadelfia, Costantino l’Angelo, era giunto alla fortuna e agli onori coll’unirsi ad una figlia dell’Imperatore Alessio. Andronico, suo figlio, non segnalossi che colla viltà. Isacco, suo nipote, punì il tiranno, e gli succedette; ma fu deposto da’ suoi vizi e dall’ambizione di suo fratello; la loro discordia agevolò ai Latini il conquisto di Costantinopoli, la prima grand’epoca della caduta dell’Impero d’Oriente.

Se si calcola il numero e la durata dei regni, troverassi, che diede un periodo di sei secoli sessanta Imperatori, contando insieme le donne che possedettero il soglio, e levando dalla lista alcuni