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248 storia della decadenza

sull’infelicità dei Re; ma noterò senza timore, che la lor condizione è di tutte la più terribile, e la meno suscettiva di speranza. Davano le rivoluzioni dell’antichità a queste passioni opposte molto maggior latitudine, che non ponno avere nel Mondo moderno, dove la ferma e regolare costituzion degli Imperi non lascia punto credere che noi possiamo veder facilmente rinovarsi lo spettacolo dei trionfi d’Alessandro, e della caduta di Dario. Con tutto ciò, per una particolare sciagura de’ principi di Bizanzio, furono essi esposti a pericoli domestici, senza mai sperare conquisti stranieri. Una morte più barbara e più vergognosa di quella dell’ultimo dei colpevoli, precipitò Andronico dall’apice delle grandezze; ma i più illustri de’ suoi predecessori aveano avuto assai più da temere dai sudditi che da sperare dai nemici. Era l’esercito sfrenato senza coraggio, turbolenta la nazione senza libertà. Premeano i Barbari dell’Oriente e dell’Occidente le frontiere della monarchia, e la perdita delle province fu seguita dalla servitù della capitale.

La succession degl’Imperatori romani, dal primo dei Cesari fino all’ultimo dei Costantini, abbraccia più di quindici secoli; non v’ha monarchia antica, come quelle degli Assirii e de’ Medii, dei successori di Ciro e d’Alessandro, che offra esempio d’un Impero il quale abbia sì lungamente durato, senza soggiacere al giogo d’uno straniero conquisto.

L’Autore (V. p. 165) disegnando coll’espressione dicitori di buona ventura gli Ebrei, che si erano fatti cristiani e seguivano l’Evangelo (giacchè questo greco vocabolo altro non significa che buon’annuncio), vuol mostrare che questi cristiani volevano l’abolizione dell’introdottosi culto delle