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che era sostenuta dalle opinioni e dall’abitudine di undici secoli. Il Paganesimo era sempre la religione costitutiva del Senato. La sala o il tempio, in cui si adunava, era ornato dalla statua e dall’altare della Vittoria1, che rappresentava una maestosa donna collocata sopra un globo con larghe vesti, con ali stese e con una corona di alloro in mano2. I Senatori solevan giurare sull’altar della Dea d’osservare le leggi dell’Imperatore e dell’Impero; ed una solenne offerta di vino e d’incenso era l’ordinario principio dello loro pubbliche deliberazioni3. La remozione di questo antico monumento era l’unica ingiuria, che Costanzo avea fatto alla superstizione de’ Romani. L’altare della Vittoria fu ristabilito da Giuliano, da Valentiniano tollerato, ed un’altra volta bandito dal Senato per lo zelo di Graziano4. Pure l’Imperatore avea risparmiato le statue degli Dei, che erano esposte alla pubblica venerazione: tuttavia sussistevano quattrocento ventiquattro tempj, o cappelle per soddisfare la devozione del popolo; ed in ogni quartiere di Roma era offesa la delicatezza dei Cristiani dal fumo dei sacrifizi idolatrici5.

  1. Quella statua da Taranto erasi trasferita a Roma, posta da Cesare nella Curia Giulia, e decorata da Augusto con le spoglie dell’Egitto.
  2. Prudenzio (l. II. in princ.) ha delineato un ritratto molto sgraziato della Vittoria; ma il lettore curioso resterà più soddisfatto dalle antichità del Montfaucon (T. I. p. 341).
  3. Vedi Svetonio (in August. c. 35) e l’esordio del panegirico di Plinio.
  4. Questi fatti sono vicendevolmente concessi dai due avvocati, Simmaco e Ambrogio.
  5. La Notitia Urbis, più recente di Costantino, non tro-