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nemici della religione, che trascureranno il dovere dei loro rispettivi uffizi, di rivelare cioè o di punire il delitto d’idolatria. Tale fu lo spirito persecutore delle leggi di Teodosio che furono più volte confermate dai suoi figli e nipoti, con alto ed unanime applauso del Mondo Cristiano1.

Nei crudeli regni di Decio e di Diocleziano era stato proscritto il Cristianesimo, come un’apostasia, dall’ereditaria ed antica religion dell’Impero; e gl’ingiusti sospetti, che si avevano d’un’oscura e pericolosa fazione, venivano in qualche modo favoriti dall’inseparabile unione, e dalle rapide conquiste della Chiesa Cattolica. Ma non si possono applicare le medesime scuse d’ignoranza e di timore agl’Imperatori Cristiani, che violavano i precetti dell’umanità e del Vangelo. L’esperienza dei tempi avea dimostrato la debolezza e la follia del Paganesimo; il lume della ragione e della fede aveva già esposto alla maggior parte del genere umano la vanità degl’idoli, e la decadente setta, che era tuttavia attaccata al lor culto, si poteva lasciar esercitare in pace e nell’oscurità i religiosi riti dei suoi maggiori. Se i Pagani fossero stati animati dall’indomito zelo, che occupava lo spirito dei primi credenti, il trionfo della Chiesa sarebbe stato macchiato di san-

  1. Non dovrebbe leggermente darsi un’accusa di tal sorta: ma può sicuramente giustificarsi coll’autorità di S. Agostino, il quale così parla ai Donatisti. Quis nostrum, quis vestrum non laudat leges ab Imperatoribus datas adversus sacrificia Paganorum? Et certe longe ibi poena severior constituta est: illius quippe impietatis capitale supplicium est. Epist. 93. n. 10. citata dal Leclerc, (Bibl. Chois. Tom. VIII. p. 277) il quale aggiunge alcune riflessioni sull’intolleranza de’ vittoriosi Cristiani.