Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/401

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dell'impero romano cap. xxviii. 397

vevano; e che erano già sicuri del possesso dell’eterno lor premio. L’estensione delle intellettuali facoltà loro sorpassava la misura dell’umana immaginazione; mentre si provava coll’esperienza, ch’essi eran capaci di udire e d’intendere le varie domande dei numerosi loro devoti, che nell’istesso momento, ma nelle parti più lontane del Mondo, invocavano il nome e l’aiuto di Stefano o di Martino1. La fiducia dei loro supplicanti era fondata nella persuasione, che i Santi, mentre regnavan con Cristo, gettassero un occhio di compassione sopra la terra; che altamente s’interessassero alla prosperità della Chiesa Cattolica; e che gl’individui, che imitavan l’esempio della lor fede e pietà, fossero i particolari e favoriti oggetti del più tenero loro riguardo. Alle volte invero potevano influire nell’amicizia loro considerazioni di una specie meno sublime; essi rimiravano con parziale affetto i luoghi che erano stati santificati dalla nascita, dalla dimora, dalla morte, dalla sepoltura di se medesimi o dal possesso delle loro reliquie. Le più basse passioni d’orgoglio, d’avarizia e di vendetta, pare che siano indegne di un petto celeste: pure i Santi stessi condiscendevano a dimostrare la grata loro approvazione della generosità dei loro de-

  1. Vigilanzio poneva le anime dei Profeti e dei Martiri o nel seno d’Abramo (in loco refrigerii) o anche sotto l’altare di Dio, nec posse suis tumulis, et ubi voluerunt adesse praesentes. Ma Girolamo (Tom. II. p. 122.) fortemente confuta questa bestemmia: Tu Deo legem pones? Tu Apostolis vincula injices, ut usque ad Diem judicii teneantur custodia, nec sint cum Domino suo, de quibus scriptum est; sequuntur agnum quocumque vadit. Si agnus ubique, ergo et hi, qui cum agno sunt, ubique esse credendi sunt. Et cum diabolus et daemones toto vagentur in orbe etc.