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solo scrutatore dei cuori umani, del Nazianzeno medesimo1. Ma quelle, mi si dirà, son parole. Son parole, egli è vero, ma dimostrate per sincerissime da una serie costante di azioni, che son quei frutti, dai quali siamo istruiti a discernere la santità dall’ipocrisia. Non vi volle forse tutta la violenza e la tenerezza di un genitore cadente per trar Gregorio dalla sua solitudine, ed indurlo2 a divider con esso il governo della nativa sua diocesi? E non protestossi, nell’occasione di arrendersi a tai premure, di non volergli succedere in conto alcuno dopo la morte, protesta che ei rinnovò alla presenza dei Vescovi, i quali assisterono ai funerali del padre defunto, contestandone l’ingenuità e colle replicate suppliche per far eleggere il nuovo Pastore a Nazianzo3, e colla sua ritirata nel Monastero di S. Tecla e Seleucia?
Ma che forse non accettò l’onorevole invito, che gli fu fatto dal partito ortodosso di Costantinopoli? Sì lo accettò; ma fu di mestiero svellerlo a forza dal suo ritiro, dov’ei ritrovava le sue delizie4. Sì lo accettò; ma per terger le lagrime di tanti fedeli5, che si dolevano della sua renitenza: lo accettò finalmente, ma non già prima che molti tra i suoi amici medesimi6 lo riprendessero e lo condannassero come poco curante del ben della Chiesa7.