Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/191

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xxxviii. 185

talli, la propagazione ed il servizio degli animali domestici, le maniere di cacciare e di pescare, i principj della navigazione, l’imperfetta coltivazione del grano, o d’altra materia nutritiva, e la semplice pratica del commercio meccanico. Possono estirparsi il genio privato e la pubblica industria; ma queste tenaci piante sopravvivono alla tempesta, e gettano una eterna radice nel più ingrato suolo. Gli splendidi giorni d’Augusto, e di Traiano furono ecclissati da un nuvolo d’ignoranza; ed i Barbari sovvertirono le leggi ed i palazzi di Roma. La falce però, invenzione o emblema di Saturno1 continuò a mietere annualmente le raccolte d’Italia; ed i banchetti de’ Lestrigoni che si cibavano di carne umana2, non si son mai rinnuovati sulle coste della Campania.

Dopo la prima scoperta delle arti, la guerra, il commercio e lo zelo religioso hanno sparso fra’ selvaggi del vecchio, e del nuovo Mondo questi preziosissimi doni; successivamente essi si son propagati; e non si posson più perdere. Noi dunque possiamo acquietarci in questa soddisfacente conclusione, che ogni età del Mondo ha accresciuto, e sempre accresce

    alcun vaso di terra, capace di sostenere l’azione del fuoco e di comunicare il calore a’ liquidi che vi si contengono.

  1. Plutarco Quaest. Rom. in Tom. II pag. 275, Macrob. Saturnal. l. 1 c. 8 p. 152 edit. Lond. L’arrivo di Saturno (del religioso suo culto) in una nave può indicare, che la selvaggia costa del Lazio fu scoperta la prima volta, ed incivilita da’ Fenicj.
  2. Omero, nel nono e decimo libro dell’Odissea, ha abbellito le novelle de’ timidi e creduli navigatori, che trasformano i Cannibali dell’Italia e della Sicilia in mostruosi Giganti.