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verno, che avesse potuto trascurar tale oltraggio, l’avrebbe certamente meritato. Se ne formava dunque addirittura legalmente un processo; se gli autori del tumulto si fossero confusi nella moltitudine, tutta la Comunità veniva condannata a risarcire il danno; e i bacchettoni ostinati, che ricusavano di contribuirvi, eran frustati pubblicamente per mano del carnefice. Questo semplice atto di giustizia esacerbava il disgusto de’ Cattolici, che applaudivano al merito ed alla pazienza di que’ santi Confessori; trecento pulpiti deploravano la persecuzion della Chiesa, e se per ordine di Teodorico a Verona fu demolita la Cappella di S. Stefano, è probabile, che in quel sacro teatro si facesse qualche miracolo contro il nome e la dignità del medesimo. Il Re d’Italia conobbe al termine di una vita gloriosa, ch’ei s’era concitato l’odio d’un Popolo, di cui aveva tanto assiduamente procurato di promuovere la felicità; e fu inasprito l’animo suo dallo sdegno, dalla gelosia e dall’amarezza d’un amore non corrisposto. S’indusse dunque il Conquistatore gotico a disarmare gl’imbelli nativi d’Italia con proibir loro qualunque arme offensiva, ad eccezione solo di un piccol coltello per gli usi domestici. Il liberatore di Roma fu accusato di cospirare co’ più vili delatori contro le vite de’ Senatori, ch’ei sospettava che avessero una segreta e perfida corrispondenza con la Corte Bizantina1. Dopo la morte d’Anastasio, fu posto il diadema sul capo ad un debole vecchio; ma prese le

  1. Rex avidus communis exitii etc. Boeth. l. 1 p. 59. Rex dolum Romanis tendebat (Anon. Vales. p. 723) queste son parole assai dure, ch’esprimono le passioni degl’Italiani, e temo anche quelle di Teodorico medesimo.