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252 storia della decadenza

Boezio, nelle ultime sue ore trasse qualche conforto dalla salvezza de’ suoi due figli, della moglie, e del rispettabile Simmaco, suo suocero. Ma fu indiscreto e forse irriverente il duolo di Simmaco: come aveva egli voluto dolersi, così poteva tentare di vendicar la morte d’un amico ingiuriato. Fu dunque tratto in catene da Roma al Palazzo di Ravenna; ed i sospetti di Teodorico non poterono acquietarsi, che col sangue d’un vecchio ed innocente Senatore1.

[A. 526] L’umanità sarà disposta ad avvalorare un racconto, che prova la giurisdizione della coscienza, ed il rimorso de’ Re; e la Filosofia non ignora, che alle volte la forza di una disordinata fantasia, e la debolezza di un corpo infermo creano i più orridi spettri. Teodorico, dopo una vita virtuosa e gloriosa, stava per discendere nel sepolcro con vergogna e delitto: era umiliato il suo spirito dal contrasto del passato, e giustamente agitato dagl’invisibili terrori del futuro. Dicesi, che una sera, mentre stava sulla regia mensa la testa d’un grosso pesce2, egli a un tratto esclamò che vedeva la trista faccia di Simmaco, con gli oc-

  1. Boezio applaudisce alle virtù del suo suocero (L. I Pros. 4 p. 118). Procopio (Goth. L. I c. 1), il Frammento Valesiano (p. 724), e l’Istoria miscella (L. XV p. 105) son d’accordo nel lodare la sublime innocenza, o santità di Simmaco: e, nell’opinione dell’Autore della leggenda, il delitto della sua morte fu uguale a quello della carcerazione d’un Papa.
  2. Nell’immaginosa eloquenza di Cassiodoro la varietà del pesce di mare e di fiume è una prova d’esteso dominio; e sulla tavola di Teodorico trovavansi quelli del Reno, di Sicilia, e del Danubio (Var. XII 14). Il mostruoso Rombo di Domiziano (Giovenal. Sat. III 39) era stato preso nei lidi dell’Adriatico.