Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/291

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xl. 285

il Padre di Giustiniano, e ne infamarono il figlio coi nomi obbrobriosi di omicida, d’asino, e di spergiuro tiranno. „Non curate le vostre vite?„ gridò lo sdegnato Monarca: gli Azzurri s’alzarono con furore dai loro posti; risuonarono gli ostili loro clamori nell’Ippodromo: ed i loro avversari, abbandonando l’ineguale contesa, sparsero il terrore e la disperazione per le strade di Costantinopoli. In questo pericoloso momento eran condotti per la Città sette notorj assassini di ambedue le fazioni, ch’erano stati condannati dal Prefetto, e quindi trasportati al luogo dell’esecuzione nel subborgo di Pera. Quattro di questi furono immediatamente decapitati, e fu impiccato il quinto: ma nel tempo che gli altri due soggiacevano alla medesima pena, si ruppe la fune, essi caddero vivi sul suolo, il popolaccio applaudì alla loro liberazione, ed usciti dal vicino loro convento i Monachi di S. Conone gli portarono in una barchetta al santuario della loro Chiesa1. Siccome uno di questi rei era del partito degli Azzurri, e l’altro de’ Verdi, le due fazioni furono eccitate ugualmente dalla crudeltà del loro oppressore, o dall’ingratitudine del loro avvocato, e fu conclusa una breve tregua ad oggetto di liberare i prigionieri, e di soddisfare la propria vendetta. Fu ad un tratto bruciato il Palazzo del Prefetto, che si opponeva al sedizioso torrente, ne furono trucidati gli ufiziali e le guardie, si aprirono a forza le prigioni, e si restituì la libertà a quelli che non potevan farne uso, che per la pubblica distruzione. Un distaccamento militare, ch’era stato mandato

  1. Vedi questa Chiesa e Monastero presso il Du-Cange CP. Christiana l. IV p. 182.