Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/317

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dell'impero romano cap. xl. 311

ziosamente abusò del suo trionfo sull’impotenza delle Leggi. VI. Il testamento d’Eulalio, Conte de’ domestici, dichiarò l’Imperatore unico suo erede, con la condizione però ch’ei ne pagasse i debiti ed i legati, assegnasse alle tre sue figlie un decente mantenimento, e maritasse ciascheduna di caso con una dote di dieci libbre d’oro. Ma lo splendido Patrimonio d’Eulalio si consumò dal fuoco, e la somma dei suoi Beni non eccedè la tenue quantità di cinquecento sessantaquattro monete d’oro. Un esempio simile nella Storia Greca ammonì l’Imperatore dell’onorevole impegno, in cui era d’imitarlo: ei represse gl’interessati bisbigli dell’Erario, applaudì alla fiducia del suo amico, pagò i legati ed i debiti, educò le tre fanciulle sotto l’occhio dell’Imperatrice Teodora, e raddoppiò la dote di cui si era contentata la tenerezza del loro Padre1. L’umanità d’un Principe (giacchè i Principi non possono esser generosi) merita qualche lode; pure anche in quest’atto virtuoso possiamo scuoprire l’inveterato costume di escludere gli eredi legittimi o naturali che Procopio attribuisce al Regno di Giustiniano. Egli sostiene la sua accusa con eminenti nomi e con esempi scandalosi; e dice, che non si risparmiavan le vedove, nè gli orfani, e che gli agenti del Palazzo esercitavano con profitto l’arte di sollecitare, di estorcere e di supporre i testamenti. Questa bussa e dannosa tirannia attacca la sicurezza della vita privata; ed il Monarca che ha secondato un desiderio di guadagno

  1. Luciano (in Toxare c. 22, 23 Tom. II p. 530) riferisce un simile o anche più generoso atto d’amicizia d’Eudamida di Corinto; e tal istoria ha prodotto un’ingegnosa, ma debole commedia di Fontanelle.