Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/345

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dell'impero romano cap. xl. 339

appoco appoco s’accosta al mare Mediterraneo; finattantochè impedito dal Monte Tauro1, alla fine dirige il lungo e tortuoso suo corso al sud-est, ed al Golfo Persico. Fra le Città Romane di là dall’Eufrate ne distinguiamo due fondate recentemente, ch’ebbero il nome da Teodosio e dalle reliquie de’ Martiri; e due Capitali, Amida ed Edessa, che sono celebri nell’Istoria di tutti i tempi. Alla pericolosa lor situazione Giustiniano proporzionar ne volle la forza. Un fosso ed una palizzata potea servire alla forza indisciplinata della cavalleria Scitica; ma richiedevansi opere più elaborate per sostenere un regolare assedio contro le armi ed i tesori del gran Re. Gli abili suoi Ingegneri sapevano le maniere di fare profonde mine e d’innalzar piattaforme al livello delle mura; egli scuoteva i più forti edifizi con le sue macchine militari; ed alle volte avanzavasi all’assalto con una linea di mobili torri sul dorso degli Elefanti. Nelle gran Città dell’Oriente, lo svantaggio della distanza e forse anche della situazione, veniva compensato dallo zelo del Popolo, che secondava la guarnigione in difesa della patria e della Religione, e la favolosa promessa del Figlio di Dio, ch’Edessa non sarebbe mai stata presa, empieva i Cittadini di valorosa fiducia, e scoraggiava e rendeva dubbiosi gli assediatori2. Furono

  1. Ni Taurus obstet in nostra maria venturus (Pompon. Mela III, 8). Plinio, Poeta non meno che Naturalista, personifica il fiume, ed il monte, e ne descrive il combattimento. Vedasi nell’eccellente Trattato del Danville il corso del Tigri, e dell’Eufrate.
  2. Procopio (Persic. l. II c. 12) racconta la storia col tuono mezzo scettico e mezzo superstizioso d’Erodoto. Questa promessa non si trova nella primitiva menzogna d’Euse-