Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/295

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dell'impero romano cap. xlv. 291

macchiate dall’avarizia, e nel suo regno provinciale di quindici anni, egli accumulò un tesoro d’oro e d’argento eccedente la modestia di una sostanza privata. Il suo governo era oppressivo ed in odio al popolo, e i deputati di Roma con libertà esposero il generale disgusto. Innanzi al trono di Giustiniano essi arditamente dichiararono che il servaggio gotico era stato più comportabile ad essi che non il dispotismo di un eunuco Greco; e che se il loro tiranno immantinente non veniva rimosso, essi avrebbero consultato il loro bene nella scelta di un nuovo Signore. Il timore della ribellione era avvalorato dalla voce dell’invidia e della calunnia che sì di recente avea trionfato del merito di Belisario. Un nuovo Esarca, Longino, fu mandato a prendere il posto del conquistatore dell’Italia, e si espressero i bassi motivi del suo richiamo nell’insultante mandato della Imperatrice Sofia. „Ch’egli dovesse lasciare agli uomini l’esercizio delle armi, e tornasse al posto che gli conveniva tra le ancelle del palazzo, ove di nuovo si porrebbe una rocca nelle mani dell’Eunuco„. – „Io le tesserò un tal filo ch’ella non saprà facilmente disvolgerlo!„ Cotesta dicono fu la risposta, che lo sdegno e la conoscenza del proprio valore trassero di bocca all’Eroe. In vece di presentarsi, quale schiavo e vittima allo soglie del palazzo di Bisanzio, egli ritirossi in Napoli, d’onde, (se può darsi fede a quanto si credette a que’ tempi) Narsete invitò i Lombardi a punire l’ingratitudine del Principe e del Popolo1. Ma le passioni del Popolo sono furiose e volubili ed i Romani

  1. I rimproveri che dal Diacono Paolo (l. II c. 5) vengono fatti a Narsete, possono essere senza fondamento; ma le migliori critiche rifiutano la debole apologia pubblicata dal