Vai al contenuto

Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/317

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xlv. 313

a Terracina, e seguendo il corso del Tevere, da Ameria e Narni sino al porto di Ostia. Le numerose isole da Grado a Chiozza, componevano la nascente dominazione di Venezia; ma le più accessibili città sul continente furono rovesciate da’ Lombardi, i quali con impotente rabbia miravano una nuova capitale sorgere in mezzo dell’acque. Il potere dei Duchi di Napoli era circoscritto dal golfo e dalle isole addiacenti, dal territorio ostile di Capua, e dalla colonia Romana di Amalfi1, i cui industri cittadini coll’invenzion della bussola hanno tolto il velo che copriva la faccia del Globo. Le tre isole di Sardegna, di Corsica, e di Sicilia, aderivano tuttora all’Impero; e l’acquisto della Calabria ulteriore respinse il limite degli Stati di Autari dalla spiaggia di Reggio fino all’istmo di Cosenza. In Sardegna i selvaggi montanari conservavano la libertà e la religione de’ loro maggiori; ma i contadini della Sicilia erano incatenati all’ubertoso e coltivato lor suolo. Roma giaceva oppressa dal ferreo scettro degli Esarchi, ed un Greco, forse un Eunuco, impunemente insultava le rovine del Campidoglio. Ma Napoli prestamente acquistò il privilegio di eleggersi da se stessa i suoi Duchi2; l’independenza di Amalfi era il frutto del commercio; ed il volontario attaccamento di Venezia all’Impero Orientale, venne finalmente nobilitato mercè di un’eguale alleanza con esso. Sulla carta dell’Italia, la misura dell’Esarcato occupa uno spazio molto piccolo, ma essa inchiude un’ampia proporzione di ricchezze, d’industria e di po-

  1. Vedi Brenckmann, Dissert. prima de republica Amalphitana, p. 1-42, ad calcem Hist. Pandect. Florent.
  2. Gregorio Magno, l. III, epist. 23, 25, 26, 27.