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66 storia della decadenza

goglio di un despota orientale, il qual rimirava, con ugual disdegno, gli schiavi che aveva innalzati, ed i Re che aveva umiliati innanzi allo sgabello del suo trono. Fu introdotta nella Colchide l’adorazione del fuoco dallo zelo dei Magi: l’intollerante loro spirito provocò il fervore di un popolo cristiano; ed i pregiudizi della natura o dell’educazione si trovarono feriti dall’empia usanza di esporre i corpi morti dei loro parenti, sulla cima di un’alta torre, ai corvi ed agli avoltoi1. Consapevole di quest’odio crescente, che ritardava l’esecuzione dei suoi vasti disegni, il giusto Nushirvan avea segretamente dato ordine che si uccidesse il Re dei Lazi, si trapiantasse quel popolo in qualche lontana contrada, e si stabilisse una fedele e guerriera colonia sopra le rive dei Fasi. La vigilante gelosia dei Colchi antevide ed allontanò la rovina, vicina a piombare. La prudenza, anzi che la clemenza di Giustiniano accettò in Costantinopoli il lor pentimento, ed egli ordinò a Dagisteo che con settemila Romani, ed un migliajo di guerrieri Zani cacciasse via i Persiani dalla costa del mare Eussino.

[A. D. 549-551] L’assedio di Petra a cui il Generale romano, coll’ajuto dei Lazi, immantinente si accinse, è una delle più notabili imprese di quei tempi. Sedeva la città sopra una rupe scoscesa, la quale pendea sopra il mare

  1. Vedi Erodoto (l. 1 c. 140 p. 69), il qual parla con diffidenza (Larcher, t. 1 p. 399-401. Notes sur Herodote), Procopio (Persic. l. 1 c. 11), e Agatia (l. 2 p. 61, 62). Questa pratica, conforme al Zendavesta (Hide, de Relig. Pers. c. 34 p. 414-421); dimostra che la sepoltura dei Re persiani (Senofonte, Cirop. l. 8 p. 658, τι γαρ τουτου μακαριωτερον του τη γη μιχθηναι), è una finzione greca, e che le tombe loro non potevano essere che cenotafi.