Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/443

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dell'impero romano cap. liii. 437

agiate le vetture o i cavalli: venne in lettiga portata da dieci schiavi robusti, e trecento ne impiegò a quest’uso, moltissime essendo le fermate pe’ ricambi. Accolsela Basilio con filial riverenza nel palazzo di Bisanzio, e gli onori le compartì di reina; e veramente, qual che si fosse la condizione di costei, i donativi ch’ella fece all’imperatore non erano indegni della regia magnificenza. Ho già descritti i bei lavori del Peloponneso, in lino, in seta e lana che erano parte del regalo; ma il più magnifico dono fu quello di trecento giovanetti di rara avvenenza, fra’ quali cento erano eunuchi1: „imperocchè ben sapeva essa, scrive lo storico, essere l’aria della Corte più confacente a questa specie d’insetti, che la cascina d’una pastorella alle mosche nella state„. Ella fu padrona, sinchè visse, della maggior parte de’ demanii del Peloponneso; e nel suo testamento nominò erede universale Leone, figlio di Basilio. Pagati ch’ebbe i legati, unì questi al demanio imperiale ottanta case di campagna o poderi: fece liberi tremila schiavi della Danieli, trapiantandoli sulla costa d’Italia, e formandone una colonia. Dalla fortuna di una semplice privata si può di leggieri argomentare qual fosse la ricchezza e la magnificenza degli imperatori.

  1. Carsamatium (καρξιμαδες, Ducange, Gloss.) Graeci vocant, amputatis virilibus et virga, puerum eunuchum quos Verdunenses mercatores ob immensum lucrum facere solent et in Hispaniam ducere (Luitprando, l. VI, c. 3, p. 470); è questo l’ultimo abbominio dell’infame traffico di schiavi. Mi fa stupore peraltro che in Lorena, nel decimo secolo, si trovassero così attive speculazioni di commercio.