Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/21

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dell'impero romano cap. liv 15

letterale impacciavali, si rifuggivano ne’ labirinti delle figure e dell’allegoria. Molta cura dimostrarono di infrangere i vincoli posti fra l’Antico, e il Nuovo Testamento1, e riguardando il secondo come la raccolta degli oracoli di Dio, abborrivano il primo, divulgandolo invenzion favolosa ed assurda degli uomini, o dei demonj. Non può recarne maraviglia che essi scorgessero nel Vangelo, il mistero ortodosso della Trinità; ma invece di confessare la natura umana, e i patimenti reali di Gesù Cristo, la costoro immaginazione si dilettava creargli un corpo celeste che si fosse fatto strada per quel della Vergine, siccome l’acqua attraversa un condotto. Un fantoccio sostituito al Redentore sopra una croce, giusta l’opinione di questi settarj, mandò a vuoto il furor degli Ebrei. Un simbolo di tal natura non conveniva nè meno allo spirito ne’ tempi d’allora2, e que’ medesimi fra i Cristiani che lamentavano non essere le dottrine religiose ristrette al mite giogo imposto da Gesù Cristo e da’ suoi Appostoli, giustamente si offesero che i Paoliziani osassero violare l’unità di Dio, primo articolo della Religion naturale e della Religion rivelata. Perchè comunque i Paoliziani cre-

  1. Il legame fra l’Antico, ed il Nuovo Testamento fu stabilito dai Concilj, dai Padri, e dai Teologi. Agostino ci dice; novum in vetere est figuratum, et vetus in novo est revelatum, nel Testamento Nuovo spesso si cita l’Antico: la Teologia è tutta fondata sull’autorità dei libri del Testamento Vecchio e Nuovo, dei decreti dei Concilj, dei Papi, e delle spiegazioni dei Padri, e dei Teologi che ottennero credito. (Nota di N. N.)
  2. Pietro il Siciliano (p. 756) ha additati, ma con molta parzialità e passione i sei errori capitali dei Paoliziani.