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tro quarti, o generazioni immuni da taccia, o rimprovero non provavano. Ciò nullameno un valoroso plebeo poteva arricchirsi, nobilitarsi nell’armi, divenire ceppo d’una nuova prosapia. Un semplice cavaliere avea diritto di istituirne un altro, cui di questo onore militare credesse degno; e i bellicosi monarchi dell’Europa, più di questa distinzion personale che dello splendor del diadema, invanirono. Una tal cerimonia, di cui troviamo le tracce nelle opere di Tacito e nei boschi della Germania1, fu semplice nella sua origine, e dalle idee religiose disgiunta. Dopo alcune prove d’uso, venivano adattati alla gamba del candidato gli speroni, e cintagli la spada, dopo di che ricevea una lieve percossa sulla spalla, o sulla guancia, come per avvertirlo essere questo l’ultimo affronto che ei non potea sopportare senza volerne vendetta; ma la superstizione, ben tosto, in tutti gli atti della vita privata, o pubblica si frammise. Dalle guerre sante consacrata la professione dell’armi, i diritti e i privilegi degli Ordini Sacri del sacerdozio, all’Ordine cavalleresco divenner comuni. Il bagno, e la tonaca bianca di cui vestito era il novizio, una sconvenevole imitazione della rigenerazion battesimale divennero. I ministri della Chiesa benedivano la spada, che sull’altare, il cavaliere nuovamente creato posava. Preghiere e digiuni precedevano la cerimonia, e armato era cavaliere a nome di Dio, di S. Giorgio e dell’Arcangelo S. Michele. Ei profferiva il voto di adempire i doveri della sua professione; della qual promessa l’educazione, l’esempio, l’opi-

  1. Framea scutoque juvenem ornant. Tacito, Germania, c. 13.