Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/195

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dell'impero romano cap. lxii. 191

di un popolo pusillanime, siccome i Greci lo erano. Si guadagnò l’amore de’ veterani assicurando il vitto alle mogli e ai figli de’ medesimi. Col proteggere il progresso delle Scienze e la purezza della religione, ebbe per sè i filosofi e i Sacerdoti; largo promettitore di ricompense al merito, fece sì che tutti gli aspiranti a cariche applicassero a sè medesimi queste promesse. Non ignorando quanta fosse la prevalenza del clero, si studiò con buon successo per procacciare i suffragi di un Ordine così poderoso, al quale scopo gli somministrò un onorevole colore il dispendioso viaggio che da Nicea a Magnesia intraprese. Visitandoli di notte tempo, con nuove liberalità seduceva i prelati, e lusingò la vanità dell’incorruttibile Patriarca coll’omaggio di condurne egli medesimo la mula per le strade della città, allontanando colla propria mano la calca, onde si tenesse alla dovuta rispettosa distanza. Senza rinunziare ai diritti che gli venian dalla nascita, incoraggiò la libertà delle discussioni sui vantaggi di una monarchia elettiva, per lo che i partigiani di lui poneano in aria di trionfo la seguente interrogazione: quale infermo vorrebbe affidare la cura della propria salute, qual mercatante la condotta della sua nave, all’ingegno d’un medico o d’un nocchiero ereditarj? La fanciullezza dell’Imperatore, e i pericoli da una lunga minorità minacciati, rendeano necessaria allo Stato la protezione di un Reggente adulto ed esperto, di un col-

    ostacolo all’ingiustizia dal poter sostenuta. Il prode, quanto infelice Conte di Surrey avrebbe forse sfuggito un immeritato destino, se fosse stato accolto il partito del combattimento giudiziario ch’egli propose.