Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/125

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dell'impero romano cap. lxviii. 119

ausiliari e alcuni incoraggiamanti segreti venutigli dal Visir; partì finalmente da questo pericoloso abboccamento con promessa fattagli di perdono e di vita. Trasportatosi indi Maometto a visitare la moglie di Notaras, principessa avanzata in età e oppressa da malattia e da cordogli, adoperò per consolarla le più tenere espressioni d’umanità e di figliale rispetto. Si mostrò del pari clemente co’ primarj ufiziali dello Stato, di molti pagando egli stesso il riscatto, e chiarendosi per alcuni giorni l’amico e il padre de’ vinti; ma cambiò ben presto la scena, e pochi giorni prima che egli partisse, l’Ippodromo fu macchiato del sangue de’ più nobili prigionieri. I Cristiani parlano con raccapriccio della perfida crudeltà del vincitore; ne’ loro racconti abbelliscono di tutti i colori d’un eroico martirio l’esecuzione del Gran Duca e de’ suoi due figli, attribuendola al generoso rifiuto del padre che non volle consegnarli a saziare le turpi brame di Maometto. Ma uno Storico greco si è lasciato per inavvertenza sfuggire alcune parole di cospirazioni, di divisamenti di restaurare l’Impero di Bisanzo, di soccorsi che si aspettavano dall’Italia; trame di tal natura possono essere gloriose, ma il ribelle, abbastanza ardito per avventurarle, non ha diritto di lagnarsi se le sconta poi colla propria vita; nè merita biasimo un vincitore, se strugge nemici ne’ quali non gli è più permesso il fidarsi. Il Sultano tornò nel giorno 18 giugno ad Andrinopoli, e sorrise sulle abbiette e ingannevoli congratulazioni inviategli dai Principi cristiani, che il presagio della prossima loro caduta vedeano in quella dell’Impero dell’Oriente.

Costantinopoli era rimasta vôta e desolata, priva