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libro primo - capitolo decimo 293


agli stranieri la via in Toscana, non poteva piacere all’Austria e costringeva la Francia a sostenerci, essendo cosa troppo enorme che una potenza amica ci tradisse in ricompensa del merito acquistato provvedendo alla quiete d’Italia. Vi sono certi rispetti che stringono eziandio i governi avvezzi a far poco caso del giusto e dell’onesto. Né si alleghi l’impresa di Roma che poscia ebbe luogo. Il caso era troppo diverso: la repubblica romana non era una potenza conservatrice; avea per capo un uomo infesto a tutti i governi stabiliti e per avversario il pastore supremo della Chiesa; non avea chiesto l’aiuto di Francia, la quale non era stretta prima della spedizione con impegno di sorta. Brutto fu non di meno il procedere usato verso Roma, ma si capisce: bruttissimo sarebbe stato un simile contegno verso il Piemonte e affatto inesplicabile. Che paragone potea farsi tra il Mazzini e l’erede di Carlo Alberto? tra un principe civile e un capoparte? tra un regno che desiderava posar la penisola e una repubblica che la teneva in agitazione? Il Piemonte chiedeva aiuto: la Francia gli offriva spontaneamente un presidio armato; era disposta a fermarne con iscritta autentica le condizioni, lo scopo, le guarentigie. Com’era possibile il temere un ignobil tranello? Né l’assemblea costituente, favorevole alla nostra causa, avrebbe patito al menomo nostro richiamo tanta perfidia. Non avrebbe pur consentito a quella che poscia si usò verso Roma; il che tanto è vero che la spedizione non fu sviata dal suo onesto proposito se non quando un nuovo consesso, animato da sensi diversi, sottentrò al primo1. Ora l’aiuto al Piemonte non correva questo pericolo, precedendo di alcuni mesi il suo scioglimento. Né osta che intorno alla fazione romana l’assemblea costituente sia stata delusa sull’intenzione secreta degli autori; imperocché l’adempimento delle loro promesse (cioè la conservazione degli ordini costituzionali) dipendeva dai negoziati futuri, laddove nel caso del Piemonte trattavasi di cosa presente, cioè di avvalorare i preamboli di pace che i ministri sardi avrebbero di accordo colla Francia esibiti all’imperatore.

  1. Lesseps, op. sup. cit.