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360 | del rinnovamento civile d'italia |
meditare il corso naturale delle fortune politiche e male informati dei successi di fuori, non fecero queste considerazioni e credettero bonamente giunta la morte del principato, massime dopo i sinistri della prima campagna, il prevalere dei municipali in Piemonte e la tregua ignobile della mediazione; onde pogniamo che non abbracciassero il vessillo del Mazzini, gli furono almeno propizi. Pochi fra i loro interpreti non fecero di capo all’idolo e osarono combatterlo a viso aperto, fra i quali son degni di special menzione Aurelio Bianchi Giovini1, uomo di virili studi e non seducibile dalle frasche, e Giuseppe Montanelli2, a cui non poteva andare a sangue né il demagogo scomposto né il novatore spensierato di religione.
Parrá a taluno di poter inferire dai casi seguenti di Toscana, in cui il Montanelli ebbe gran parte, che anch’egli poscia aderisse ai puritani; e io partecipai a questa opinione quando, lontano, ridotto a giudicar delle cause dagli effetti e vedutomi fallir la fiducia che avea posta in quella provincia, lo credei complice del Mazzini e ne lo accusai con quell’impeto di sdegno e di dolore che in me nasceva dal prevedere le calamitá imminenti3. Quanto mi fu allora penoso il profferir parole di rimprovero che stimavo fondate, tanto adesso, chiariti i fatti, mi è dolce il giustificare le intenzioni di un caro ed illustre amico. Né intendo giá con questo di entrar nel racconto delle cose toscane, sia perché mi manca la notizia di molti particolari e perché un riguardo troppo grave me lo divieta. Francesco Guerrazzi è sostenuto e inquisito da due anni, e io mi farei coscienza di scrivere una parola che potesse affliggere un tal uomo e mostrarmi poco ricordevole dei sacri diritti della sventura. Ma stando in sui generali, dalle cose dette si può raccôrre come dopo l’onta della mediazione il Montanelli e altri valorosi dovessero disperare della monarchia sarda in ordine alla salute d’Italia. Né potevano meglio affidarsi nella Toscana, stante la