Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/55

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libro primo - capitolo secondo 49


Or che fece Napoleone? Egli prese a ludibrio queste leggi divine e fatali, e credette di poter domare e travolgere a suo talento le idee e la natura, introdurre una descrizione politica disforme dall’ennografica, manomettere il mappamondo e il dizionario universale, smembrare e mescere i popoli, e le stirpi, seppellire in eterno silenzio le generose intenzioni, soffocare le mosse magnanime, sostituire ai naturali istinti che nobilitano gl’individui e gli Stati un’ombra fattizia di gloria, che sua fosse principalmente e solo di riflesso toccasse agli operatori. Insomma egli voleva essere il tutto, e che alla sua smisurata ambizione cedessero le ragioni e i fatti, fossero docili le leggi mondiali, e le umane generazioni come armenti s’immolassero. Ché se non «cambiò gli abitatori da un luogo ad un altro, tramutando gli uomini di provincia in provincia, come i mandriani tramutano le mandrie loro»1, se ne sappia grado all’avanzata cultura, la quale non gli permise d’imitare in questo i conquistatori barbarici dei secoli antichi. Ma quanto osò fare e tentare bastò a sterminarlo; e tanto romore d’imprese e di guerre, costato tre lustri di sudori e di miracoli, in un baleno finí.

Egli non era giá stato il primo a farsi giuoco in tal modo delle nazioni, ché Arrigo di Francia, Ermanno di Richelieu, gli autori della pace di Vestfalia, Ludovico decimoquarto, Carlo duodecimo, Caterina gliene avevano giá additato il cammino, parte per accrescere la propria potenza, parte a bilanciare le forze reciproche; come se un equilibrio artifizioso possa produrre un assetto stabile quando contrasta a una forza maggiore, quali sono le condizioni naturali. Ma siccome l’error di costoro fu meno indegno di scusa, perché al loro tempo il genio dei popoli non era svolto e gl’istinti nazionali o erano deboli o ancora dormivano; cosí piú rei di tutti furono gli arbitri viennesi, che non seppero cavar profitto dal fresco e formidabile esempio. Imperocché essi non potevano, come il Buonaparte, allegare a discolpa la vastitá dell’animo, l’ebbrezza della fortuna

V. Gioberti, Del rinnovamento civile d'Italia - i. 4
  1. Machiavelli, Disc., i, 26.