Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/211

Da Wikisource.

libro secondo - capitolo primo 207


e però in vece di aver aspetto di riforma avrá piuttosto quello di rivoluzione. Dovrá tuttavia guardarsi da ogni eccesso, perché la distruzione se non è necessaria è piena di pericoli, anzi è pregna di regressi e di danni certissimi. Nel por mano alle demolizioni si dee pigliare per regola di non trapassare i limiti del necessario e di non offendere menomamente ciò che è fondato in natura e ha vigore di vita. Fra le cose inviolabili si dee assegnare il primo grado alla moralitá e alla religione, come quelle che ne’ loro capi fondamentali sono inflessibili e incapaci di cambiamento. Ogni rivoluzione che le intacca è micidiale di se medesima, come ci mostra la Francia del passato secolo, la quale, violando il giure cattolico, la giustizia e la mansuetudine, partori i peggioramenti e i disastri che seguirono1.

Quanto a sapere se le instituzioni politiche si dovranno mutare o modificare, il problema è concatenato con un altro di gran rilievo. Abbiam veduto che il Risorgimento si aggirò sopra due perni, l’uno ideale e ieratico, l’altro guerriero e civile, cioè Roma vivente a monarcato ecclesiastico e il Piemonte retto a scettro laicale. Ora, per conoscere se tali due cardini convengano o no al moto futuro, uopo è risalire a un quesito piú generale, vale a dire se nel Rinnovamento italiano ed europeo le probabilitá avvenire sono in favore del principato o della repubblica. Consacreremo a tale inchiesta e alla precedente i tre prossimi capitoli, per poterci risolvere quali debbano essere i cardini e gli ordini politici del moto futuro. Ma ancorché la conclusione fosse per essere favorevole allo Stato regio, correrá pure tra le due epoche un divario essenziale che debbo almeno accennare. La quale si è che dove nel Risorgimento si mise la principal fiducia nei principi, dovremo per l’avvenire guardarci da questo scoglio. I fatti trascorsi provarono quanto sia vera la divina parola che «non bisogna sperare nei principi»2, benché non dobbiamo



  1. Intorno alle riforme religiose dell’antica assemblea costituente di Francia, alla loro intrinseca ingiustizia e ai danni che partorirono, vedi il Villiaume (Hist .de la rèvol. française, vi, 6, 7).
  2. «Nolite confidere in principibus» (Psalm ., cxlv , 2 ).