Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/231

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libro secondo - capitolo secondo 227


incapace o si rende indegna di adempiere il suo ufficio. E veramente i principi nostri, che dianzi erano assoluti, son divenuti costituzionali, perché l’ereditá del potere esecutivo, non che ripugnare alla libertá che si esercita per via di rappresentanza, giova a darle stabilitá e vigore. Sarebbe perciò stato irragionevole l’escludere la monarchia per amore delle franchigie, potendo l’una accordarsi a meraviglia colle altre. Ma ogni qual volta la possibilitá di tale accordo vien meno per effetto di fortuna o di colpa, e quindi è necessario rinunziare alla libertá o al principato, non potendo i popoli dubbiare nell’elezione, la repubblica sottentra alla monarchia. Il caso si verifica per fortuna ogni qual volta una dinastia si spegne... Il caso poi si avvera per colpa degli uomini, quando una dinastia si corrompe, diventa incorreggibile e pregiudizievole agl’interessi nazionali, come accadde alla Francia sotto i due ultimi rami borbonici... Ad ogni modo egli è manifesto che la monarchia civile non può ragionevolmente dar luogo a un altro governo se non quando muore di fato naturale o si uccide da se medesima. E se allora le sottentra uno Stato di popolo, esso ha ragioni plausibili di durevolezza, non essendo effetto di capriccio ma di necessitá, e avendo un addentellato collo Stato anteriore; il quale, avvezzando gli uomini al vivere libero sotto un monarca, gli rende atti a reggersi affatto da se medesimi.’ Ho voluto far questo cenno, non perché oggi importi, ma per mostrare ch’io non tengo alcun broncio verso la repubblica e che sono pago e contento della monarchia costituzionale, appunto perché non trovo tra questa e quella alcuna capitale ed intrinseca differenza per ciò che concerne il vivere libero, ma solo un divario di opportunitá rispetto alle congiunture fortuite ed esterne. E coloro che pensano in altro modo mi paiono appartenere piú al millesimo passato che al nostro»1.

Queste parole, scritte nel colmo del Risorgimento, contengono la sostanza della dottrina che conviene al Rinnovamento per ciò che spetta al presente proposito. E in prima, intorno



  1. Apologia, pp. 393, 394, 395.