Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro secondo - capitolo quinto | 379 |
sentenziare per impossibile ugualmente l’ufficio egemonico, come quello che non può stare senza le armi. Lo statuto e gli altri beni, che tuttavia si conservano, mancano della prima condizione che vorrebbero avere, cioè della sicurezza; e in vece di essere arbitro d’Italia, si vive a beneplacito degli oltramontani e degli oltramarini. Alcuni fatti onorevoli dei rettori che vennero appresso son tristamente bilanciati dalle antecedenze; perché se, a cagion di esempio, è di lode il ricettare gli altri italici, fu vergogna il tradire i lombardi e i veneti (sotto il velo di un perdono apparente) in mano al nemico. Cosi la seconda amministrazione del Pinelli, benché breve, avvelenò, quasi vizio originale, i governi seguenti, e i tristi effetti di essa si stenderanno forse sino al Rinnovamento, come quelli dell’altra sviarono il moto anteriore; tanto importano i primi passi che si fanno nelle cose civili.
Tuttavia l’entrata di Massimo di Azeglio recò un notabile miglioramento alla cosa pubblica. A un uomo che, senza aver posto mano a rialzar le fortune italiche, le aveva, quando giá erano in colmo, mandate in rovina, sottentrava chi era stato caldo ad aiutarle colla penna, difenderle colla spada, e recava seco un nome noto e caro agli amatori della causa italica. Io ho giá fatto menzione di alcune parti lodevoli e biasimevoli della sua amministrazione; ma restami a considerarla rispetto al tema che ho per le mani. Ella si può distinguere in tre spazi, il primo dei quali fu il meno felice per la compagnia del Pinelli e continuò la sua politica. Manomettendo le ultime offerte della Francia, predicando la guerra per impossibile, stringendo i capitoli di Milano, lasciando perire la libertá in Roma, in Toscana, in Napoli, senza pure accompagnarla con una protesta e mettendo il colmo alla solitudine civile del Piemonte, il ministero dei sette di maggio si mostrò ignaro dell’egemonia sarda, della comunione italica e dei gravi pericoli che tal politica apparecchiava alle franchigie e al principato. Il secondo spazio venne illustrato dalla riforma di Giuseppe Siccardi, che restituí al governo quell’aura popolare e quel credito che il Pinelli gli aveva tolto. 11 terzo, che incomincia coll’ingresso di