Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro secondo - capitolo quinto | 381 |
cosí gli Stati conterranei e i popoli congeneri a lei appartengono. Quindi nasce la dottrina della leva nazionale, che è al di d’oggi uno dei perni principali della buona politica. Conforme a questa dottrina io additai la generica sorgente della civiltá italiana nella unione comune, e la particolare del Piemonte nell’egemonia richiesta a formare essa unione e a rassodarla. Camillo di Cavour rigettò sin da principio questa dottrina, o, dirò meglio, non la comprese, non per difetto d’ingegno, ma perché i suoi studi erano rivolti altrove, cioè a quella parte del mondo positivo, che non è propria di questo o quel paese ma a tutti appartiene come retaggio comune. Nella spezieltá degl’instituti e ordini civili egli rivolse tutto il suo studio ai britannici; tema ricco c utilissimo, ma che non può fruttare a noi se non è accompagnato da matura investigazione delle altre contrade, essendo l’inglese un popolo singolare e disparatissimo per costume e per indole da quelli del continente. E vuol essere sovrattutto condito colla scienza delle cose nostre e informato da quel genio che «italianitá» si appella. Il Cavour non è ricco di questa dote, anzi pei sensi, gl’istinti, le cognizioni è quasi estrano da Italia; anglico nelle idee, gallico nella lingua, per la natura delle sue lucubrazioni e forse ancora per l’esempio fraterno e il costume della famiglia. Ora l’italianitá era la base del Risorgimento, e senza l’adequata notizia di essa vano era il voler farsi un concetto della nazionalitá, dell’egemonia e via discorrendo. Perciò il nuovo ministro frantese l’indole del nostro moto, e promovendo la mediazione col suo giornale e la sua parola, sconsigliando la guerra, nutrendo le gelosie e le paure metropolitane di Torino, combattendo il regno dell’alta Italia, contribui non poco agl’ infortuni del quarantotto. La sola idea madre del Risorgimento a cui non si oppose fu quella della lega politica; ma se si osserva che non fece nulla per affrettarne l’esecuzione e che sostenne accanitamente il ministro Pinelli, che in parole la prometteva e colle opere la sventava, si può dubitare che anch’egli davvero la desiderasse.
Ma il Pinelli, angustiando il Piemonte fra le strette meschine del municipio, non si dá fastidio degli effetti che ne nascono.