Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/398

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parvero demeritarla. Ma le occasioni non mancano al Cavour di procacciarsela; e quando egli sia impegnato alla causa patria con alcuno di quegli atti d’italianitá splendidi e solenni che non lasciano altrui balia di retrocedere, chi vorrá dubitare della sua perseveranza? I valenti ingegni non gittano volentieri le occasioni di rendersi famosi, anzi le cercano e le appetiscono; né oggi può darsi lode insigne per un ministro o un principe italiano che quella di essere iniziatore del Rinnovamento.

Se la monarchia di Sardegna ricusasse di entrare per questa via veramente regia e sola sicura; se i suoi ministri continuassero a pascersi di vane speranze e a consumare neghittosamente il tempo, come fecero negli anni addietro; se dormissero nella beata fiducia che il trono e lo statuto sieno eterni, e sprezzassero i pronostichi dell’avvenire; gli amatori di repubblica sarebbero appieno giustificati. Peggio ancora, se fosse vero il romore sparso che sieno per inchinare alle lusinghe dell’Austria e stringer seco e coi principi spergiuri della penisola un patto vituperoso. Nessun buono italiano in tal caso avrebbe dubbio sull’elezione, ché troppo enorme saria il posporre l’Italia e l’onore al Piemonte, anzi il Piemonte a una forma governativa e all’interesse di una famiglia. Nel modo adunque che il divorzio di Roma dalla causa italiana ha mutato l’aiuto in ostacolo, e inimicati giustamente allo scettro temporale del papa coloro che dianzi lo celebravano come principio di redenzione, altrettanto avverrebbe a chi regge il Piemonte; e questi non avrebbe piú ragion di dolersi che Pio nono e la sua corte, poiché da lui e non da altri proverrebbe la mutazione. Cosi la fiducia nella monarchia italiana, che oggi è notabilmente scemata (essendo ridotta a collocarsi in un solo principe), sarebbe affatto spenta, e chiunque non diffida delle sorti patrie si volgerebbe di necessitá alla repubblica. Or vorrem noi disperare d’Italia? No certamente: la fortuna di venti milioni di uomini non può dipendere da una forma particolare di Stato e dalla elezione di uno o pochi individui. La societá è pieghevole come la natura; e nel modo che l’uomo può avvezzarsi a ogni clima, cosi i popoli possono abituarsi a ogni maniera di reggimento. La