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108 | del rinnovamento civile d’italia |
in addietro, quando i giornali non erano in uso od in voga, ed egli, non che scapitarne, fu assai piú colto ed erudito che oggi non è. Laddove la plebe, a cui le biblioteche sono inaccesse, donde potrá attingere un po’ d’instruzione politica e anche di morale cittadina se non dai giornali? come altrimenti potrá avere qualche notizia dei diritti e dei doveri civili, delle leggi e del governo, dei fatti propri e dei forestieri, dei miglioramenti e dei peggioramenti, dei pericoli e dei rimedi, e insomma dello Stato e degl’interessi che gli appartengono? E se manca di queste cognizioni, come potrá essere una plebe civile e libera, conoscere e amare la patria? come potrá con senno servirla e con animo eroico difenderla nei cimenti?
I giornali, essendo indirizzati principalmente al tirocinio della plebe, saranno tanto migliori quanto piú accomodati a tal fine; e però i giornali piccoli sono da reputare piú utili de’ grandi,
che pel tenore della composizione e per la spesa son meno adattati al minuto popolo. Laonde quando Pierdionigi Pinelli ai 29 di aprile del i850 insegnava ai deputati «che i giornali piccoli» a uso del popolo «sono piú propri all’educazione morale e civile», ma che «la politica dee essere piú riservata ai grandi»1
- ↑ Ecco per intero il curioso raziocinio del Pinelli. «Udii rare volte dire che i piccoli giornali rendano piú compiuta l’educazione del popolo, che per questo rispetto sono degni di particolare riguardo. Ma di queste due parole enormemente si abusò. E primieramente, che intendesi per popolo? La nazione? A questa parlano tanto i piccoli che i grandi giornali. La parte piú minuta della nazione? Allora io debbo protestare contro quanto v’ha di aristocratico in cotal divisione». — Il distinguere il popolo minuto dal resto della nazione per frodarlo de’ suoi diritti ed opprimerlo è certo cosa aristocratica e abbominevole; ma il distinguerlo per riparare alle miserie sue proprie con rimedi proporzionati è opera non solo democratica ma cristiana e pietosa. L’aristocrazia peggiore (perché ipocrita) è quella che, accomunando in apparenza il minuto popolo colle altre classi sotto nome di «nazione» e protestando di provvedere alla nazione, non provvede in effetto che ai ceti superiori e trascura il minuto popolo, togliendogli non solo ogni amministrazione ma perfino la cognizione dei propri interessi sotto pretesto che non può intendersi di politica. — «Secondariamente, l’educazione dividesi in morale, civile e politica. Le massime riguardanti l’educazione civile e morale possono essere ridotte in assiomi e con brevissimi argomenti dimostrarsi. La politica in vece, educazione assai difficile, esige maggiori dimostrazioni piú sviluppate, ed inoltre richiede nelle persone a lei dedite maggior capacitá». — La distinzione tra l’educazione civile e la politica è