Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/182

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dividono fra loro. E non è meraviglia; perché, quando non si possiede un concetto dialettico e conciliativo, lo sdrucciolar negli estremi è necessitá e non elezione. Potrei mostrarlo riandando gli errori politici di cui ho fatta menzione in quest’opera, se tal materia non richiedesse troppo lungo discorso. Imperocché la contrarietá apparente che corre, per cagion di esempio, tra l’autoritá e la libertá, la conservazione e il progresso, la plebe e l’ingegno, la nazionalitá e la cosmopolitia e via discorrendo, nasce dal mancamento di un’idea dialettica che riveli il tronco comune di tali rami, ne mostri le attinenze intime e ne rimuova le discrepanze. Ma questa idea dialettica non potendosi trovare a posteriori , il difetto di essa arguisce la poca levatura e la penuria creatrice del nostro secolo.

L’azione estrinseca, per cui l’ingegno imprime nel mondo la sua forma, è l’ultimo termine del pensiero, il colmo della dialettica e della creazione; e però gloriosi sopra ogni altro sono i grandi operatori. La facoltá principale, per cui il concetto si travasa e impronta di fuori, è la volontá, che interviene eziandio negli atti interni ma meno intensamente; dove che, quando si tratta di vincere gli ostacoli esteriori, mutar la faccia delle cose, introdurre e stabilire nuovi ordini, ella dee essere soprammodo vigorosa e gagliarda. Negli uomini compiti l’arbitrio suol essere non meno energico dell’ingegno e l’animo capace come l’intendimento. Cesare, che se n’intendeva, dicea di Marco Bruto: «Magni refert hic quid, velit ; sed quidquid volt , va/de volt» ( J ); parole che ricordano il «volli» di Vittorio Alfieri. Dalla volontá forte, unita alla coscienza del proprio valore, nascono tutte le altre doti dei sommi operatori. Ne nasce in primo luogo 4-audacia, che è la forza del cominciare e dell’eseguire. Havvi un’audacia viziosa e «inconsiderata dell’avvenire», come la chiama Aristotile < 1 2 ); la quale piú propriamente appellasi «temeritá», perché cieca agli ostacoli, ai pericoli, e scompagnata dalla prudenza. Laddove la virtuosa audacia

(1) Ap. Cic., Ad AH., xiv, 1.

(2) Reth., 11, 8.