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Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/190

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184 del rinnovamento civile d’italia


impedissero sovente lo svolgersi e maturare di esso. In Oliviero Cromwell spuntò assai tardi il presentimento di ciò che potea essere; dove che Giulio Cesare dovette averlo sin da fanciullo, quando solo fra’ suoi coetanei seppe resistere alle due potenze piú formidabili di quel tempo, cioè ai pirati ed a Siila. Fin d’allora entrò in pensiero di risuscitare le parti mariane e assicurarne il trionfo con l’arte nuova di un’audacia incredibile, nobilitata dalla clemenza. Ora gli audaci credono alla fortuna, perché, secondo un antico proverbio, «la fortuna aiuta gli audaci»1. Secondo il Machiavelli, egli «è meglio essere impetuoso che rispettivo, perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tener sotto, batterla ed urtarla; e si vede che la si lascia piú vincere da questi che da quelli che freddamente procedono. E però sempre, come donna, è amica dei giovani, perché sono meno rispettivi, piú feroci e con piú audacia la comandano»2. La vera ragione si è che l’audacia afferra prontamente le occasioni, preoccupa il tempo, timoneggia gli avvenimenti, e per tal modo si assicura la buona riuscita; la quale non è altro che il conseguimento del fine, cioè l’uscita di quel ricorso per cui volge la creazione3. La fortuna che aiuta gli animosi è dunque il contrappelo del caso, con cui è spesso confusa dal volgo, poiché versa nell’armonia dell’ingegno e delle sue opere colle leggi che governano il mondo. Ella è però tutt’uno colla felicitá; onde Appiano chiama «orrenda la felicitá» di Cesare4, come unica fu la sua fortuna; e il suo precessore nella dittatura adorava questa e da quella si nominava5. Il poeta additò il



  1. Dione Cassio dice di Cesare: «Tanti spiritus illi, tantaque spes erat, sive ea temere, sive ex oracuto concepta, ut certissimam sibi sumeret salutis fiduciam, etiam quum contraria omnia apparerent» (Hist . rom., xli, 46). E Appiano: «Quo tempore Caesar invenis erat, eloquentiae rebusque gerendis iuxta idoneus, audax et nihil non spe praecipiens, supra vires ambitiosus» (De bello civili, ii, 428). Nota è la clemenza da lui usata nel supplizio degli scherani di mare.
  2. Principe, 25.
  3. Vale a dire del secondo cielo creativo.
  4. De bello civili, ii, 483.
  5. Plutarch., Sylla, 6,35; Plin., Hist. nat., vii, 44.