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Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/191

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libro secondo - capitolo nono 185


conserto della fortuna, della felicitá e dell’audacia in questo verso:

Da facilem cursum et audacibus annue coeptis1.

Il Lasca diceva di Lorenzo de’ Medici: «Egli non comincia impresa che egli non finisca, e non ha mai fatto disegno che egli non abbia colorito... Egli è il diavolo l’avere a fare con chi sa, può e vuole»2. L’infortunio per contro è la dissonanza dell’arbitrio dagli ordini naturali, perché quando l’uomo contrasta a Dio egli è giocoforza che rimanga perdente. Perciò nella nostra lingua informata dalle idee cristiane la sventura chiamasi «disgrazia»3, quasi negazion della «grazia», che nella filosofia dell’evangelio significa il favore e l’influsso dell’atto creativo. E siccome la felicitá è effetto della grazia, cosi arride alla fede, o sia questa fondata nel vero o ne abbia solamente l’ombra4. E chi crede alla fortuna crede anco alla storia, come faceva Napoleone5, perché la storia è la tela ordita dalla providenza. La storia è la finalitá del mondo presente; e imperocché in buona filosofia il fine s’immedesima coll’inizio, perciò la teleologia si mescola colla protologia, e il sentimento efficace’ che gl’ingegni cospicui hanno del termine si confonde colla coscienza che hanno del principio, cioè di quella virtú creatrice che opera in essi ed è molla e radice di ogni attivitá loro.

Negli uomini straordinari la buona e la cattiva fortuna talvolta si alternano, e piú spesso questa precede e quella séguita, come l’armonia sottentra al conflitto nel magistero della dialettica. Se l’ordine contrario ha luogo e l’uomo grande finisce male, ciò può accadere senza sua colpa, quando l’opera impresa da lui è attraversata da una forza tale che non è in poter



  1. Virg., Georg., i, 40.
  2. Cene, iii, 10.
  3. Per un’altra figura eziandio cristiana, gli scrittori dell’ottimo secolo danno spesso all’infortunio il nome di «giudicio», quasi pena ingiunta o condanna pronunziata dal giudice. Vedi il Vocabolario alla voce «giudizio», 1, 2, 3.
  4. «Inclinatis ad credendum animis, loco ominum etiam fortuita» (Tac., Hist. ii, 1).
  5. Nella sua nota e singolare risposta ai consigli prudenziali del comico Talma.