Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/75

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semenzaio inesausto di virtú maravigliose e la fucina in cui le nature piú maschie e robuste raffinandosi si temperarono. Dante aveva l’occhio a quell’antichitá beata, quando scriveva che «alla felicitá di questa vita noi pervegniamo per gli ammaestramenti filosofici, pure che quegli seguitiamo, secondo le virtú morali ed intellettuali operando» b).

La filosofia, cima della scienza, è il tirocinio dell’intelletto e dell’animo, nel modo che la poesia, fiore della letteratura, è la disciplina dell’immaginativa e dell’affetto. Di qui nasce la lor parentela, non ostante le molte e notabili dissomiglianze. In origine si confusero, perché «tutti gli uomini di ogni qualitá e di ogni lingua nascono per natura filosofi e poeti» (*), e perché «la poesia e la filosofia sono le due parti piú nobili, piú faticose ad acquistare, piú straordinarie, piú stupende e, per cosi dire, le due sommitá deM’arte e della scienza umana» te). Entrambe sono universali, hanno per principio la virtú creatrice (onde il nome di «poeta»), per istrumento l’intuito immediato delle cose e per soggetto il loro accordo dialetticale. Laonde il poeta di Oriente M è tutt’ uno col savio della scuola pitagorica; Omero ed Esiodo furono filosofi, come i primi filosofi furono poeti, parlando per via d’immagini e di simboli e usando scrivere in versi. La qual consuetudine durò sino a Platone, che recò la poesia nella prosa e chiuse, come dire, il ciclo della sapienza italica ed omerica, giacché Aristotile suo successore separò le due arti e fu padre dell’austera scienza. Entrambe sono popolari in quanto pigliano spirito e vita dal popolo, e aristocratiche come privilegio degli alti ingegni; e per ambo i

fi) De monarchia, 3 (traduzione di Marsilio Ficino).

(2) Cellini, Opere , Firenze, 1843, p. 369. Questo grande artefice afferma nello stesso luogo di filosofare e di poetare «boscherecciamente», e chiama «boschereccia» la propria filosofia e poesia. «Boschereccio» è qui sinonimo di «naturale» e «solitario», e ricorda cosi il «selvaggio» e il «silvano» di Dante, come il «cittadino di boschi» del Petrarca.

(3) Leopardi, Opere, t. 1, p. 26S.

14) Vedi intorno al Kavi (poeta e sapiente universale) degl’indi le dotte osservazioni del signor Troyer (Kalhana, Rádjatarangini, tradution et eommentaire, Paris, 1840, t. i, pp. 332, 333, 334).