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Pagina:Giovanni Magherini-Graziani - Novelle valdarnesi.djvu/172

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La strega 133


rappressione di sangue! tenetela Per le mani, stroppiccìate forte e badate che non vi scappi. Potete andare.»

— E io venni via. Per la strada trovai Cammillo col baroccio; montai su, e verso le tre ero bell’ e arrivato.

— È viva sempre? — domandai, nel tempo che salivo le scale. Quando mi dissero di sì, mi sentii allargare il cuore. Io subito entro in camera, e vo per metterle l’impiastro.

— Voi? — esclamò la Nunzia.

— Io, già; chi gliel’aveva a mettere? Sì, c’era proprio di molto tempo da perdere! Eppoi li non c’era altro che la gobba di Bartolo. Giusto appena fo l’atto di tirar giù il lenzuolo, quella maledetta cominciò a dire:

«Come! Non vi vergognate a far cotesto lavoro, voi?»

— Mi andò il sangue al capo! Quella povera figliola non aveva a far altro che spirare. E poi come se non se ne fossero mai viste delle donne? Io non vorrei che l’aveste stregata voi! Andate fuori, — le dissi — fatemi il piacere! E senza stare a far tanti discorsi la presi per un braccio, la misi fuor dell’uscio, e misi il paletto. Non mi riusciva a scioglierle la camicia legata al collo; ed io gliela strappai: presi l’impiastro, glielo misi sullo stomaco, e glielo legai con due fazzoletti, perchè il medico