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18 Il Diavolo


cun’altro. Il giorno siamo tutti bravi, tutti coraggiosi; ma la notte varia caso, parlo per esperienza. Io non fo vantazione, racconto le cose come stanno; una notte ci fui messo anch’io a dormire; ma, parlo franco, non ci tornerei neanche a darmi cento scudi.

Usciti dalla stanza della Mora e traversata quella d’ingresso, Pippo andò all’uscio, e mandando in là la stoia, che vi era appoggiata, disse:

— Questa stoia ce la mette la massaia, perchè ci tiene le chiocce a covare.

Anche quella stanza era come le altre due, gli stessi muri nudi, lo stesso palco, i medesimi ragnateli, lo stesso aspetto sepolcrale: due chioccie in un canto, in due cestelle, immobili sopra le uova. In un altro canto una barca di legne; in terra del granturco sparso ed un tegamino con un po’ d’acqua; sulla finestra un pentolo colla più bella pianta di basilico, che io abbia mai veduta. Pippo mi disse che quella era la cucina; ed infatti, addossato ad una delle pareti più lunghe, c’era un cammino immenso, ma mezzo disfatto: rimanevano le due fiancate di pietra con due elegantissime candelabre scolpite. Metà del frontone era in terra. Allargai col piede il sudicio che lo copriva, e vidi un bellissimo festone di fiori e frutta, scolpito meravigliosamente; dell’arme contornata da una ghirlanda d’alloro, che una volta era nel