Pagina:Giovanni Magherini Graziani Masaccio ricordo delle onoranze.djvu/94

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sacre imagini, nella potenza del colorito, nello studio accuratissimo di ogni particolare non sembra che vibri l’anima di un solo, per quanto audace e sapiente novatore, ma quella di un secolo intero. Pare che alla grande riforma alcuno abbia conferito la squisita grazia dei volti, gli incantevoli sorrisi, le paradisiache dolcezze di un’arte gentile, altri la fierezza degli atteggiamenti, altri il modellare ampio e scultorio e il fascino misterioso balenante negli occhi dei beati, ed altri il prestigio della varietà nelle invenzioni. Eppure tutto questo procedette non dalla elaborazione artistica di un secolo, ma dal titanico sforzo di un uomo solo.

Nel succedersi dei tempi da quella Cappella appresero anche i migliori qualche cosa intorno alle leggi dell’arte. Lo stesso Urbinate non temè di ricopiarvi la cacciara di Adamo ed Eva per le loggie del Vaticano, e il Signorelli vi guardò per le sue pitture di Orvieto. E infatti dove trovare espressioni di teste e attitudini di persone più vive e più belle? Dove i panni vestono le figure con tanta semplicità, larghezza e verità? I colori sfumano e si uniscono con arte meravigliosa, il rilievo delle imagini è fortemente ottenuto, incomparabile la morbidezza del pennello.

Quindi l’arte di Masaccio, che si provò dovunque erano imperfezioni da togliere, novità da introdurre, orizzonti inesplorati da attraversare, fu arte vigorosa e forbita insieme, arditissima senza temerità, meditata senza ostentazione, doviziosa di concetti ma semplice di forme, eloquente ma sobria, schietta ma non rude, amante dell’idea nel vero, non del vero