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possibile all’elasticità del piede. In fatti la ferratura di Lafosse,) non modificata, espone i talloni, specialmente allorchè sono un poco bassi e deboli, ad essere ammaccati, contusi, a soffrire dolori, e può fare zoppicar l’animale; questo inconveniente è grave pei cavalli che lavorano sul selciato, e su terreni duri, scabri e pietrosi. Era dunque necessario correggere un tal vizio, e vi si giunse impiegando ferri sufficientemente allungati per guarentire i talloni senza affaticarli. Fu egualmente riconosciuto che tali ferri, essendo comunemente coperti, ed aventi una certa borditura, deteriorano molto meno il piede. Per questi cangiamenti la pratica dei Lafosse si avvicina sensibilmente alla teoria emessa da Bourgelat. P. Chabert sembra avere pel primo indicata una via di mezzo fra questi due metodi; ma questo abile pratico consigliava troppa borditura e troppo contorno pei ferri anteriori.

A misura che questi differenti vizi furono scoperti si pensò a rimediarvi, e la ferratura ha successivamente ricevute modificazioni che la resero più razionale, e per conseguenza meno nociva. A Parigi specialmente furono più sensibili questi miglioramenti; perciò crediamo far brevemente conoscere i principi che sieguonsi in questa capitale, dove, giusta il parere stesso degli inglesi Goodwin e Sewell, pratieasi la migliore ferratura.

Il ferro che fabbricasi nelle principali fucine di Parigi è molto più lungo di quello di Lafosse e più corto di quello di Bourgelat; è leggermente coperto;