Pagina:Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II.djvu/14

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A chi

forza è, che alla per fine lento, e scioperato divenga. Quindi per isperienza veggiamo, tutti que’ popoli, i quali dalla Natura in paesi più lieti, e copiosi sono stati allogati, essere il più delle volte inetti al mestiere dell’armi1 sconsigliati, disavveduti, soprammodo schifi di viaggiare. In secondo luogo dee, per mio avviso, incolparsene quel modo, assai strano da accorti, ed ordinati uomini, col quale vegniamo allevati; poichè, giusta il sentimento di Tullio2 gli animi nostri sono tutti dalla Natura ben disposti, a drittamente operare; ma rei, e malvagi poscia divengono, per gli atti men buoni, a’ quali dalla prima giovanezza sogliono essere accostumati:3 ciò che Licurgo a’ suoi Spartani, coll’esemplo di due cagnuoli, altrimente l’un dall’altro nutriti, solea dimostrare. Quindi sapientemente disse il Poeta:4

Nostra natura vinta da costume.

e gli Stoici affermavano, doversi, con severità, gli animi condurre al bene ὅτι διδακτὸν ὰρετὴ: imperocchè la virtù egli è cosa, che puote insegnarsi. Or se i nostri padri d’ogni altra cosa si sono ingegnati di renderne vaghi, fuor che del viaggiare; qual maraviglia ora, che i μαμμόζρεπτοι figliuoli l’abbiano cotanto a vile? Ma come poteano essi destare in altrui l’amor di cosa, del cui piacere giammai non s’erano accesi? vivendo sempre a guisa di alberi (come Seneca direbbe) senza dilungarsi punto dal suol natio? e in cotal non è gran fatto, se molti5

______fugienda patrum vestigia ducunt,
Et monstrata diu veteris tenet orbita culpæ.

Queste due cagioni egli mi pare, che sian


poten-
  1. Liv. lib. 29. Cic. de natur. Deor, lib. 2.
  2. 1. de legibus, 4. de finib. et Tuscul. quæst. 5.
  3. Plutarch. de educ. pueror.
  4. Petrarca Son. 7.
  5. Iuvenal. Satyr. 14. vers. 36.