Pagina:Gli amori pastorali di Dafni e Cloe.djvu/68

Da Wikisource.

ragionamento iii. 57

veracome se morti, in quella dovessero a novella vita tornare. Era lor cagion di dolore o che s’abbattessero al zaino, con che portavano da magnare; o che vedessino la fiasca o la ciotola, con che beevano, o che trovassero la sampogna oziosa, che aveano ciascuno di essi avuta dal suo amante in dono: pregavano le Ninfe, si votavano a Pane, che da quegli affanni li liberassino, e che a loro, ed alle loro greggi mostrassero il sole; e coi voti, e coi prieghi insieme s’argomentavano di trovar qualche compenso a potersi rivedere. Ma la Cloe, semplicetta, e povera di consiglio, non sapeva che partito si prendere; nè manco il potea, avendo tuttavia d’intorno quella, che per madre si tenea, la quale insegnandole di pettinar la lana, e di filare, e di far cotali altre bisogne, le stava presso, ragionandole sovente, come si suol fare con le fanciulle, di darle marito. Dafni trovandosi scioperato, come quello ch’era assai più di lei scaltrito, e risicato, tentò con questa industria di vederla. Era davanti alle stanze di Driante un cortile, a’ piè del cortile due gran piante di mortella, a’ piè delle mortelle un’ellera antica e cespugliosa molto: stavano le piante l’una poco distante dall’altra, e tra l’altra e l’una stendeva l’ellera le sue braccia in somiglianza d’una vite, con le sue vermene, e con le foglie tessute, e consertate in modo, che facevano come una grotta, a cui d’ogn’intorno pendevano di gran pannocchie di corimbi, a guisa che pendono i grappoli dell’uve per le pergole. A questo loco conveniva una gran moltitudine d’uccelli vernarecci, non trovando per terra da viver di ruspo, nè per gli alberi di coccole, nè d’altro cibo d’altronde, per che sempre d’intorno vi si riparava un nugolo di merle, di tordi, di palombi, di storni, e di tutti quegli uccelli, ch’attraggono all’ellera. Prese Dafni l’occasione di questo loco, e la scusa d’uccellarvi, ed uscì fuora con la sua tasca piena di bericuocoli melati, e per dar maggior fede d’uccellatore portò seco i lacciuoli, la pania, i vergoni, le ragnuole, e tutt’altro che faceva mestiero. Era il loco lontano da dove egli stava poco più d’un miglio: