Pagina:Gli sposi promessi III.djvu/178

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Cap. VIII.


A queste parole1 giunse egli alla soglia del palazzo del Capitano di Giustizia. Entrò, salì, fu introdotto, e fece ad un ufiziale la sua relazione: come era2 capitato all’osteria uno che non aveva voluto dare il suo nome, e come egli oste, dopo d’averlo ammonito di obbedire alle gride, dovette tacere per non far nascere uno scandalo.

«Lo sapevamo, » rispose l’ufiziale, con aria di importanza e di mistero; «ma voi3 avete ben fatto di compiere il vostro dovere. Ora badate a non lasciarlo4 partire costui.»

«Col dovuto rispetto a Vossignoria,» rispose l’oste, il quale con tutta la sua prudenza non aveva potuto a meno di non prendere un po’ di quegli spiriti arditi,5 di che era piena l’aria6 in quel giorno: «col dovuto rispetto, io faccio l’oste e non il birro: ho fatto il mio dovere: a lor signori tocca ora.»

«Va bene, va bene,» rispose l’ufiziale, il quale con tutta la sua7 arroganza non aveva potuto a meno di non tremare un po’ in tutta quella giornata,8 e non sapeva ancora bene a che punto le cose si fossero. L’oste ne andò pei fatti suoi.

9La prima informazione, come il lettore se n’è addato certamente, era venuta da quella falsa guida; la quale, per

  1. pareva egli
  2. [giunto] capi
  3. avete ben [fatto] fatto i
  4. uscire
  5. dei qual
  6. di Mila
  7. abituale
  8. L’oste ne andò pei fatti suoi,
  9. È inutile dire che la prima informazione era venuta da quella falsa guida di Fermo | L’ufiziale come il lettore lo ha certamente immaginato (lacuna)