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capitolo [iv] - tomo iii | 455 |
mia cucina. Ecco, si serva: mangi di questo; e lasci fare a me per mandare in tavola il piatto,1 senza un segno: non faccia complimenti: che serve?»2 E, come il Conte rifiutava, Perpetua gli si avvicinò all'orecchio, e gli disse a bassa voce: «Via, Signor Conte; che scrupoli son questi?3 so quello che posso fare; la padrona sono io qui.» Ma tutto fu inutile. Il Conte ringraziò4 di nuovo, e continuò a rodere ostinatamente il suo pane.
Quando poi5 da quello che accadeva in cucina, s’avvide che erano cessati i cibi e levate le mense, fece chiedere udienza6 a Federigo; dal quale fu tosto fatto introdurre.
«Monsignore,» diss’egli, quando gli fu in presenza, «questo è un giorno di festa singolare per questo paese e per voi;7 ma in questa allegrezza comune, io,8 io ho una parte ben diversa da tutti gli altri:9 il gaudio puro e sgombro della liberazione d’una innocente non è per10 colui, che l’aveva vilmente oppressa, angariata. A me conviene dunque un contegno e un linguaggio11 particolare: lasciate che io faccia oggi la mia parte; approvate che io12 vada ad implorare un perdono da quella innocente, ch’io mi umilj dinanzi a lei, che le confessi il mio orribile torto e che riceva dalla sua bocca innocente dei rimproveri che non saranno certo condegni alla mia iniquità, ma che serviranno in parte ad
espiarla.»
Federigo intese con gioja questa proposizione,13 e pel Conte, a cui questo passo sarebbe un progresso nel bene e una consolazione nello stesso tempo;14 per Lucia, alla quale lo spettacolo della forza umiliata volontariamente sarebbe un conforto,15 un rincoramento dopo tanti terrori, e pel trionfo della pietà, e per l’edificazione16 dei buoni; e finalmente perché una riparazione pubblica e clamorosa17 attirerebbe ancor più gli sguardi sopra Lucia,18 e sul suo peri-
- ↑ come se fosse
- ↑ Vedendo poi che i
- ↑ sono io la
- ↑ di nuovo e rose ostinatamente il suo pane
- ↑ s’avvide che
- ↑ al Cardinale, da cui fu tost
- ↑ ma io, io solo qui, trovo [nella] nel soggetto della [allegrezza] letizia comune, rimembranze tutt’altro che [allegre] liete
- ↑ io solo
- ↑ questa [esultazione] gaudio per la liberazione dell’innocente è un ri
- ↑ chi
- ↑ ben diverso da quel
- ↑ mi umilj di una pena [quella] implori [il] un perdono.
- ↑ e perché vide che sarebbe pel Conte
- ↑ e per che
- ↑ un rinforzo
- ↑ di quella
- ↑ chiam
- ↑ Segno di richiamo, e a margine, in penna: « lascerei - e nel suo pericolo, - che imbroglia; pare che fosse attualmente in qualche pericolo per parte di Rodrigo.»