Pagina:Gobetti - La frusta teatrale,Corbaccio, 1923.djvu/125

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si insieme devono servire per inquadrare gli innumerevoli mediocri. Il pubblico che predica il complesso va a teatro a sentire il grande attore, non la compagnia.


Si è giustificato il teatro all’aperto con risapute osservazioni di psicologia della folla, si è voluto fissare il grado di emotività a cui una accolta di popolo, in diretta comunicazione con la natura, possa elevarsi, quali miracoli di comprensione artistica ne possano nascere. Ma l’arte non dipende in alcun modo da questi fattori fisici o fisiologici e s’alimenta soltanto della libera comunicazione degli spiriti, diversa e indipendente dalla materiale vicinanza. Il consenso di una moltitudine in un’opera teatrale non è mai la vittoria dello scrittore, non è mai l’elevazione di tutti a una pura serenità estetica, non è mai il trionfo di una coscienza espressiva integrale. Prevalgono invece inesorabilmente elementi pratici, deformazioni di superficalità, grossolani stati psicologici di impenetrabilità e di sicumera perchè soltanto nella solitudine interiore, cui la solitudine fisica può essere pratica preparazione e condizione, il giudizio si ferma con assoluta libertà e con profondo pudore a quelle posizioni di dubbio e di sospensione, che sono la sostanza stessa della serietà e dell’originalità spirituale.

È profondamente immorale e diseducativo l’atteggiamento pseudo-democratico con cui le cosiddette classi intellettuali considerano la spiritualità popolare. Questa, per i romantici faciloni, consisterebbe tutta nella sua immediatezza e spontaneità: il popolo non dovrebbe a-