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Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/267

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PICCOLO MONDO ANTICO

me una inesplicabile attrattiva, forse per questo che ormai non lo vedo piú, e per noi è caro tutto quello da cui abbiam dovuto separarci. Sia come si voglia; ma anche allora, quando il mio biroccino si avvicinava alla scala di quella casetta, l’anima mia entrava in uno stato mirabilmente piacevole e calmo; i cavalli si affrettavano allegramente verso la scala; il cocchiere con tutta flemma si calava giú dal suo sedile e si riempiva la pipa, come se fosse arrivato a casa sua; perfino il latrato che alzavano i cani sornioni, barboni e bracchi e cani neri, riusciva gradito, ai miei orecchi. Ma piú di tutto mi piacevano i padroni stessi di quegli angoletti modesti, i vecchietti e le vecchiette che premurosamente venivano incontro. I loro volti mi si presentano anche adesso qualche volta in mezzo al frastuono e alla folla, tra le marsine alla moda, e allora improvvisamente mi capita di essere in una specie di dormiveglia, e mi si presenta come in sogno il passato. Essi avevano sempre dipinta sul volto una tale bontà, una tale bonomia e sincerità, che tu avresti tuo malgrado rinunziato, sia pure per breve tempo, a ogni sorta di audaci disegni, e insensibilmente ti saresti con tutti i sensi immedesimato in quell’umile vita pastorale.

Non riesco finora a dimenticare due vecchiet-


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