Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/354

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GOGOL

sarebbe addormentato prima di tutti, se frattanto non si fosse immerso in una conversazione interessante.

— Ho cercato, con impegno, di sapere — diceva il giudice, sorbendo il tè già raffreddato nella tazza — in che maniera succede che cantano bene. Io avevo un bel merlo, due anni fa. Ebbene? Da un momento all’altro mi si guastò tutto, cominciò a cantare Dio sa che; piú andava avanti, peggio, peggio, peggio! cominciò a stonare, a farsi roco... da far venir voglia di gettarlo via! Ma non era altro che un’inezia! Ecco da che cosa deriva questo fatto. Sotto la gola si forma un bubbone, piú piccolo di un pisellino. Quel bubboncino bisogna soltanto forarlo con un ago. Me lo insegnò Zachar Prokofjevic, e precisamente, se volete, vi racconterò in che maniera andò la cosa: io vado da lui...

— Comandate, Demjan Dervjanovic, che ne legga un’altra? — interruppe il segretario, che da qualche minuto aveva terminato la sua lettura.

— Che? avete già finito di leggere? Cospetto, come avete fatto presto! Non ho sentito niente! Ma dov’è la sentenza? Date qui, che io la firmi. E costí che cosa avete?


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