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276 ATTO SECONDO


Trappola. Se è vero questo, allegramente dunque. Trappola è di buon gusto e saprà far onore alla generosità del padrone.

Momolo. Animo, per stassera una gran cena e un festin dei più belli, che s’abbia visto a far su la Brenta.

Trappola. Per questa sera?

Momolo. Sì, per stassera.

Trappola. Ma i campi non sono ancora venuti.

Momolo. Se no i xe vegnui, i vegnirà.

Trappola. Questo tempo futuro non comoda per il bisogno presente.

Momolo. Penseghe vu, e no me stè a seccar.

Trappola. Dei trenta zecchini quanti crede che me ne siano rimasti?

Momolo. Mi no son strolego, e no m’importa gnanca de indevinarlo. Voggio la festa, voggio la cena, e penseghe vu.

Trappola. Io penserò alla festa, io penserò alla cena, basta che vossignoria pensi a una cosa sola.

Momolo. A cossa hoggio da pensar?

Trappola. A darmi del danaro.

Momolo. No v’hoi dà stamattina trenta zecchini?

Trappola. Indovini quanti me ne sono restati?

Momolo. Se v’ho dito che no son strolego. Ma un disnar no poi mai costar trenta zecchini.

Trappola. Ho pur detto ch’era necessario dar qualche cosa a conto a tanti creditori, che vengono tutto il dì a strepitare; altrimenti con questi forestieri che sono in casa, gli averebbero fatto perdere la riputazione.

Momolo. Per amor del Cielo, fe che i tasa, che no i me fazza nasar.

Trappola. Appunto per farli tacere ho distribuito da sedici zecchini in circa un poco per uno. Otto ne ho speso per il desinare, e me ne restano sei.

Momolo. Sie solamente?

Trappola. Ecco qui le note: osservi...

Momolo. No vôi veder gnente. Fe vu, ve credo, me rimetto a quel che fe vu.

Trappola. Veda dunque, se vi è fondamento per la cena e per il festino.